Il feudo di Castrum Sepulchri è citato in un documento del 954, che concerne la donazione del suddetto territorio, unitamente a quello delle Grange, da parte del Conte Guidone Lascaris di Ventimiglia ai Padri Benedettini dell’isola di Lerino, di una superficie complessiva di circa 110 km2. Il primo territorio, ovvero quello in cui fu istituito il priorato del Sabourg era confinante con San Remo a nord (Repubblica di Genova) e con Perinaldo a sud (Regno dei Savoia), con Ospedaletti a est e con Vallebona a ovest (Repubblica di Genova), oltre all’Isola di Bergeggi (Savona) e parte della Diocesi di Albenga e di Noli. Il secondo territorio, ovvero quello i cui fu istituito il Priorato della Cappellania di San Michele a Ventimiglia (oggi chiesa di San Michele della Diocesi Ventimiglia-Sanremo), includeva i territori dell’attuali Frazioni di Ventimiglia (IM), il territorio del Comune di Olivetta San Michele (IM) e il territorio del comune di Sospel (Francia).
Tale documento ritenuto apocrifo, probabilmente essendo andato perduto l’originale, nel 1304 fu nuovamente redatto da Padre Sicard (fonte amministrazione comunale di Seborga risalente al 1963) con le notizie in suo possesso e contenute nel documento originale ; ma questo rifacimento fu considerato autentico sino al 1757, anno in cui gli archivisti torinesi cercarono di evidenziare un dubbio circa la sua legalità. Si da il caso che il re di Sardegna Vittorio Amedeo II fece di tutto per acquisire tali territori, detenuti dal Pricipato del Sabourg.
L’unico documento mai contestato e ritenuto originale del 1177, pervenuto fino ad oggi, riguardante una controversia tra i monaci di Lerino e i conti di Ventimiglia circa i confini delle corrispondenti proprietà tra Vallebona e Seborga, conferma l’esistenza dell’Antico Principato Abbaziale del Sabourg.
I territori del Sabourg, a seguito dell’atto di donazione del 954 d.C., continuarono a dipendere amministrativamente dall’Abbazia di Lerino, ubicata nella contea di Provenza che, dopo essere stata degli Angioini di Napoli, nel 1481 fu annessa al Regno di Francia.
Nel 1261, il Priore della chiesa di San Michele in Ventimiglia, Rev. Giacomo Costa, redasse, su delega dell’Abate di Lerino, gli Statuti e Regolamenti del Principato Abbaziale.
I monaci benedettini traevano scarsi profitti dalle rendite dei possedimenti del Sabourg, spesso, erano costretti a contrarre prestiti in denaro per alleviare la misera vita dei sudditi.
Il Principe-Abate Monsignor Cesare Barcillon, nel dicembre 1666, onde ricavare consistenti entrate, aprì un’officina monetaria nel piano sottostante il Palazzo Abbaziale, sito in Piazza San Martino a Seborga. Il primo zecchiere fu Bernardo Bareste di Mougins. Furono battuti diversi conii e l’attività durò fino all’ottobre 1689. La moneta che prese l’appellativo di “Petit Louis” (Luigino), purtroppo, conteneva un basso tasso di argento e dunque non era gradita neppure in Oriente, anche per la concorrenza di altre zecche, come quella della contea di Tassarolo.
Dopo cinque anni di conio, re Luigi XIV di Francia che autorizzo’ di portare il suo nome, ne dispose la chiusura ed i monaci benedettini del Sabourg dovettero sottostare alla decisione de re fi Francia.
A proposito del rango principesco e del diritto di zecca erano prerogative spettanti al Sacro Romano Imperatore e al Papa che potevano estenderle ad eventuali loro vicari. Nel caso dei territori del Sabourg, si ritiene che l’origine di tale diritto non fosse imperiale, perché, oltre a non esistere documento che lo provi, i beni della contea di Provenza, estintasi, passarono al Regno di Francia, assolutamente indipendente dall’Impero.
I territori donati dal Conte Guido Lascaris ai monaci di Lerino divennero un Principato per effetto della Bolla di Papa Alessandro IV del 1259, legittimata dalla costituzione varata nel 1261. Ogni Abate poteva attribuire (e attribuirsi), con Autorizzazione Pontificia, titoli nobiliari. E questo fecero gli Abati di Lerino, nominandosi “Principi”, assegnando al territorio del Sabourg il loro predicato aristocratico, in quanto deputati dell’autorità della Santa Sede sul Monastero dopo la bolla el 1259. Il monarca religioso, in qualità di Principe- Abate non dipendeva dal clero secolare ma solo dal Papa (“nullius diocesis”): dirigeva, infatti, i priorati del Sabourg e della Cappellania di San Michele in Ventimiglia e le relative le parrocchie e nominava il prevosto di Seborga.
Il Principe-Abate non soggiornava frequentemente in Seborga, sede ufficiale del Principato del Sabourg e questa assenza risultava negativa per gli abitanti dei villaggi all’interno dei territori . Nominava un Vicario per ogni Priorato, denominato il Podestà, il cui incarico durava da sei mesi a tre anni e poteva essere rieletto. Era coadiuvato da due Sindaci e da due Consoli, amministrava il feudo, sotto l’attenta sorveglianza del Principe-Abate assente, al quale doveva presentare continui resoconti della propria attività pubblica.
Il Principe-Abate, ogni tanto, compiva una visita e alloggiava nel palazzo abbaziale: gli spettava il trattamento di “Sua Altezza Reverendissima”, la sua carica era ad vitam, come previsto dal regolamento dell’ordine monastico, per cui ogni Abate viene eletto a vita.
I monaci, però, stanchi di questa amministrazione delegata che rendeva poco a causa dei debiti contratti, dapprima con i genovesi nel 1584, con un contratto redatto dal Notaio Nicolo’ Vigano, poi con altri monasteri e vari nobili, decisero, di vendere il Principato. La prima vendita fu prevista alla Repubblica di Genova a seguito del debito contratto in precedenza, negata dal Pontefice. La seconda al Duca di Savoia Vittorio Amedeo nel 1697, anch’essa annullata dal Sommo Pontefice ed infine l’alienazione si concretizzo’il 30 gennaio 1729 in favore del monarca dei Savoia divenuto Re di Sardegna che ambiva avvicinarsi sempre più all’agognato mare.
I Savoia, non volendo rinunciare al tanto sospirato territorio strategico, convinseroil Principe-Abate, a riunire la congregazione dei padri di Lerino il giorno 11 dicembre 1728 e confermare la tanto sospirata alienazione al Re di casa Savoia indi per cui effettuare la vendita a Parigi il 30 gennaio 1729.
In uno scambio di comunicazioni del 12 gennaio 1729, tra l’Avvocato Lea, delegato per formalizzare l’atto del 1729 e l’Arcivescovo Principe di Embrun, Monsignor Pierre Guerin de Tencin, Commissario Apostolico e delegato dal Papa per l’approvazione della vendita, che tra l’altro cita la già tentata vendita del 1697, fu menzionata una missiva di Papa Benedetto XIII del 13 ottobre 1728 (Nostra Apostolica Petitum) che autorizzo’ la vendita a condizione che venissero pagati i debiti che gravano sul Pricipato. Codesta missiva recita testualmente (fonte Archivio di Stato di Torino) : « …in exstravaganti ambitiosa contrabona Eccelsia alienantes statutis…»
L’Arcivesco e Principe della città metropolitana di Embrun, Mons. Pierre Guerin de Tencin fu delegato dal Sommo Pontefice Benedetto XIII per definire la controversia tra la Repubblica di Genova che poteva contare sull’amicizia del Podestà del Sabourg, Monsignore Giuseppe Biancheri e del Principe-Abate di Lerino, spinto dai Savoia all’alienazione del Principato del Sabourg.
Il Commissario Apostolico, effettuo’ una minuziosa inchiesta, iniziata a Parigi e conclusa a Versailles l’8 luglio 1728. Tale documento prevedeva ben 9 punti da rispettare. Si ritiene indispensabile sottolineare che per l’alienazione definitive serviva l’autorizzazione dei Padri dell’Abazia di Montmajour di Arles, poiché nel documento originario di donazione del Conte Guidon Lascaris, risalente al 954, in caso di tentata alienazione da parte dei Padri e Monaci Benedettini dell’Isola di Lerino, dei suddetti territori del Sabourg, il lascito sarebbe stato trasferito d’ufficio ai Padri di Mont Majeur d’Arles.
Per cui il delegato del Sommo Pontefice, Arcivesco e Principe di Embrun, interpello’ i suddetti Pardi di Arles che quantificarono l’importo di risarcimento in 15.000 lire di valuta sabauda.
L’importo di vendita, ricordiamo fissato in 147.000 Lire di valuta sabauda, doveva essere per cui decurtato della somma pari a 15.000 Lire di valuta sabauda, fissata per il risarcimento dei Padri di Montmajour di Arles. La restante somma di 132.000 Lire di valuta sabauda, secondo il documento visionabile presso l’Archivio di Torino, redatto dal delegato, Arcivesco e Principe della città metropolitana di Embrun, avrebbe dovuto esser stato versato alla Repubblica di Genova per saldare i debiti contratti nel lontano 1584, con relativa quietanza da allegare all’atto di alienazione.
Ad ogni modo, l’Arcivescovo e Principe della città metropolitana di Embrun, delegato dal sommo Pontefice Benedetto XIII, autorizzo’ la vendita ivi condizionata in assenza di una ulteriore autorizzazione papale.
Il contratto di vedita fu stipulato dall’Avvocato Francesco Lea, presente un rappresentante dell’ultimo Principe Abate mitrato Mons. Fauste de Balon, il Reverendo economo dell’Abazia di Lerino, Padre Benoit de Benoit. La somma fu fissata in 147.000 lire di valuta sabauda. La vendita fu effettuata a Parigi in presenza di un notaio che ne registro’ gli effetti.
Copia del suddetto atto alienazione ai Savoia è custodita presso l’Archivio di Stato di Torino (I).