Altri principi e principesse

a Seborga

Chi cerca informazioni su internet riguardanti il Principato del Sabourg, volgarmente conosciuto come Principato di Seborga, troverà di sicuro una notevole quantità di pagine web afferenti a “principi e principati” che non hanno nulla a che vedere con lo stato monastico esistito nel medioevo. Lo scopo di questo articolo è quello di rispondere più chiaramente possibile alla domanda di molti visitatori reali e virtuali di Seborga: perché esistono tanti “principi e principati” a Seborga che ne  rivendicano il titolo senza possedere la prerogativa religiosa?

Purtroppo il principale motivo risiede nell’allontanamento dei monaci da Seborga risalente a quasi 3 secoli fa, che ha generato dagli ottanta dello scorso secolo svariate rivendicazioni riguardanti il territorio di Seborga da parte di alcuni residenti denominati “seborghini”, insieme a sedicenti nobili, aristocratici e cavalieri.

Purtroppo queste rivendicazioni di varia natura e interesse sono estranee da quell’aspetto propriamente cristiano del principato medievale. Alcuni sostengono di essere eredi di Napoleone, altri di altre famiglie imperiali o aristocratiche che storicamente non hanno avuto alcun collegamento con i monaci di Seborga. Così di fatto, utilizzando delle  “improprie rivelazioni” hanno dato vita a nuove e particolari versioni dell’antico principato

Questo fenomeno ha causato una rilevante produzione di fonti storiche poco attendibili, che risulterà difficile per l’appassionato di storia o per il turista attento alla tradizioni locali, distinguere gli elementi autentici della vita e delle vicende dei monaci di Seborga, dagli elementi che invece hanno alterato la conoscenza dell’antico principato a partire della fine dello scorso secolo.

Questo articolo si propone come una guida ragionata a quelle che sono  le attuali interpretazioni dello stato monastico operate da laici. Ed in particolare esamineremo tre diverse versioni del principato e dei relativi principi e principesse.

 

Giorgio Carbone, il principe autoproclamato

L’ente associativo da lui fondato negli anni ottanta del novecento, è conosciuto come “Principato di Seborga”, sembrerebbe non essere  giuridicamente costituito in Italia seppure si trova nel territorio italiano. Questo principato creato da Giorgio Carbone possiede una notevole  vocazione folkloristica che attira moltissimi visitatori a Seborga e che grazie a diverse e fortunate inventive ha dato ottimi frutti, alzando la notorietà e le entrate economiche di un paesino dell’entroterra ligure ormai dimenticato.

Giorgio Carbone (1936-2009)  si era auto proclamato principe già nel 1963 grazie alla nomina di Gran Maestro di un ordine cavalleresco denominato “Cavalieri Bianchi di Seborga” diretta emanazione della Paupera Militia Christi. Tale ordine pretendeva che i cavalieri templari avessero dato origine all’Ordine del Tempio in Seborga per volontà di San Bernardo da Chiaravalle, a cui è inoltre attribuito il titolo di Gran Maestro. Questo mito non trova alcuna corrispondenza storica, in quanto l’Ordine del Tempio è stato fondato nel 118 a Gerusalemme. Carbone era un floricoltore affermato e dagli anni ottanta la sua presenza diverrà rilevante a Seborga, anche grazie ai media e alla spinta di quei movimenti separatisti che iniziarono a prendere piede in Italia (come la Lega Lombarda) ma anche in Francia. E sarà appunto l’Occitania, con la sua storia di catari, di monaci cistercensi e templari ad ispirare il floricoltore nel ridefinire le vicende storiche di Seborga e per tale merito sarà ricordato a Seborga in una targa commemorativa quale ideatore di realtà passate.

 

Negli anni novanta Carbone assieme a diversi seborghini e simpatizzanti, cavalcherà l’aspettativa di indipendenza di Seborga creando un principato “fai da te”,  e coinvolse nel progetto gran parte dei cittadini della località imperiese concedendo a questi italiani il diritto di eleggere il Principe di Seborga (vale a dire se stesso).

Indubbiamente Giorgio I era un laico, e quindi verso di lui non si può trasferire il titolo di carattere religioso dell’ultimo abate, che può essere solo conferito da religiosi verso altri religiosi. Di conseguenza il principe non può essere designato dai cittadini di Seborga perchè  i votanti non essendo religiosi non possono designare una carica religiosa. Mentre il trasferimento del titolo di principe ad un laico interromperebbe la continuità religiosa al principato monastico e quindi non si può ritenere che ci sia una successione del titolo.

Risulta evidente che Carbone non era molto vicino ai principi della dottrina cattolica romana, tanto da intravedersi nella ricostruzione storica di Seborga quelle tesi degli storici occitani che sono autori della narrazione che coinvolge i catari e i cristiani romani uniti insieme in una vicenda cruciale per la storia dell’umanità occidentale. Da questa ricostruzione di Giorgio Carbone,  Seborga quale luogo di insediamento cistercense e benedettino diverrà lo scenario di vicende di ispirazione catare e templari che non solo sono ben lontane dalla vocazione monastica del posto, ma che costituiscono un’eresia. Non a caso per queste sue tesi Giorgio I è ricordato nella targa commemorativa esposta in suo onore a Seborga con la frase: “esperto in utroque e con scritti divulgò il culto e la storia di chiese catare”.

Carbone attribuì a San Bernardo di Chiaravalle quale Abate Cistercense di essere il successore di Hugues de Payens, ricordandolo anche come secondo Gran Maestro di un ordine templare e protettore dei catari a Seborga. Di conseguenza il Santo e Dottore della Chiesa, non è più un abate cistercense ma un Gran Maestro eretico e difensore dei catari nemici della Chiesa di Roma e sconfitti dai templari.

Raffigurazione di San Bernardo quale cavaliere templare, affissa all’ingresso dell’antica sede Abaziale a Seborga

“In nome del popolo sovrano del Principato di Seborga”

Secondo le fonti storiche e teologiche quel diritto di eleggere il Principe di Seborga spettava e ancora oggi esclusivamente agli aventi diritto al voto della carica di Principe-Abate, ovvero ai presbiteri ed i monaci del Principato del Sabourg, ed il titolo è  “ad vitam”, e non rieleggibile ogni sette anni come  fu stabilito dal sig. Marcello Menegatto, il successore di Giorgio Carbone.

I nativi del piccolo borgo ligure, denominati “seborghini” sono coloro che sono nati realmente a Seborga e vivono in loco da generazioni. Questi si potrebbero ricondurre attualmente a cinque o sei famiglie. che forse erano mezzadri che coltivavano le terre di Seborga pagando la decima al Principe-Abate, ma non disponevano comunque del diritto di eleggere il Principe del Sabourg, prerogativa che ripetiamo era ed è esclusiva dei membri della congregazione religiosa.

Eventualmente, i Seborghini avrebbero potuto rivendicare la loro indipendenza al nascere della Repubblica Italiana, in quanto alle singole realtà territoriali era permesso contestare la loro annessione al nuovo stato repubblicano. E non ci risulta che fecero opposizione, magari con l’aspettativa di costituire poi una eventuale Repubblica di Seborga,  quale dimostrazione di una volontà di indipendenza. Fermo restando che questa ipotetica repubblica  non avrebbe comunque avuto nessun legame con la tradizione dello stato abbaziale, come abbiamo ampiamente spiegato nelle parti precedenti di questo articolo.

 

Marcello Menegatto eletto principe del principato immaginario dal popolo di Seborga

Giorgio Carbone lascerà il titolo di principe di Seborga nel 2009 a seguito della sua morte. Dopo un periodo di transizione gestita dall’avvocato Alberto Romano, arriverà il suo successore nel 2010. Questo neo principe verrà eletto secondo un principio di sovranità del popolo di Seborga e prenderà il nome di Marcello I (al secolo Marcello Menegatto).  Marcello I purtroppo non concluse il suo secondo mandato, e decise di abdicare e lasciare Seborga. Durante la sua permanenza a Seborga forse si era fatto più consapevole delle ideazioni di Carbone, e che si trattava di un principato retto dal Gran Maestro dei Cavalieri del Venerabilis Ordo Sancti Sepulchri, e quindi decise di apportare delle modifiche a tal riguardo agli statuti redati da Carbone. Modifiche che misero in crisi i cavalieri, che probabilmente già coinvolti in problematiche interne, si separarono e costituirono due distinti ordini: il VEOPSS e VOSS.

E’ interessante evidenziare che la carica elettiva di principe (che per Carbone era a vita) è stata modificata da Marcello I per la durata di 7 anni come se si trattasse di eleggere il capo di una repubblica. Marcello I lascerà questo titolo nel 2019, e attraverso l’ennesimo suffragio del popolo seborghino sarà eletta principessa l’ex-moglie Nina Dobler, rompendo completamente con qualsiasi tradizione monastica mediante il conferimento del titolo ad una donna.

 

Nina Dobler, la prima principessa di Seborga

 

 

La signora Nina Dobler acquisisce il titolo di Principessa di Seborga, dopo il suo giuramento nel 2020 attraverso il suffragio del popolo di Seborga, in continuità con le disposizioni del marito Marcello I.

Va da sé che la signora Dobler dovendo giustificare il suo ruolo di principessa e prima donna a capo di uno stato storicamente monastico, dovette anch’essa modificare gli statuti. Tra le novità introdotte c’è l’ampliamento dei requisiti per il diritto al voto del principe e includendo nuove casistiche. La signora Dobler appare in varie trasmissioni televisive anche a livello nazionale, ribandendo che il titolo di principessa di Seborga gli è stato conferito dal popolo sovrano di Seborga seppure risulta evidente (vedi video sottostante) che il mandato conferitole non ha alcuna continuità con l’antico stato monastico.

Constatiamo che il moderno stato seborghino retto dalla Signora Nina Dobbler è pieno di contraddizioni. Tanto per fare un elenco non esaustivo: il neo capo di stato è una donna laica di origine tedesca residente nel Principato di Monaco. Ancora, tra i ministri di uno stato che dovrebbe essere cristiano e quindi di principio contrario all’uso delle armi, c’è anche un  ministro della difesa che dispone di un cannone finto simil-napoleonico collocato nella piazza principale verso la vista panoramica e presumibilmente autorizzato a sparare paradossalmente verso i territori confinanti della Repubblica Italiana. Poi ancora, sotto il comando della Principessa c’è anche una milizia che intrattiene con spirito goliardico la gente che viene da fuori, facendoli tutti passare per stranieri anche quando sono italiani, e così banalizzando la testimonianza del primo stato monastico della storia dell’umanità. In questi ultimi giorni segnaliamo anche che il ministro della cultura si è travestito da monaco benedettino probabilmente per creare confusione tra l’antico stato dei monaci.

 

Diego Beltrutti, Priore del Venerabilis Ordo Sancti Sepulchri (Cavalieri bianchi)

 

 

Il dott. Diego Beltrutti, non è un religioso ma un medico di origine piemontese che pretende di essere il successore di Giorgio Carbone, essendo il Priore eletto dall’Ordine della Paupera Militia Christi fondato da Carbone che divenne VEOPSS e che dopo uno scisma interno prese l’acronimo di VOSS. Beltrutti sostiene le stesse tesi di Giorgio Carbone di quando decise di rivendicare il titolo di Principe di Seborga essendo Gran Maestro dell’Ordine della Paupera Militia Christi.

E’ doveroso farvi notare che nella bandiera del principato di Giorgio I che viene ancora utilizzata dal dott. Diego Beltrutti, compaiono nove bande azzurre a lato del blasone e rappresenterebbero i 9 cavalieri fondatori dell’Ordine del Tempio insieme ad un blasone riprodotto riconducibile alla monarchia greca.

Inoltre anche il dott. Beltrutti ritiene che Seborga diviene principato nell’anno 1079 per volontà dell’imperatore Enrico IV con il conferimento del titolo di principe del Sacro Romano Impero all’abate Adalberto I di Lerino.

Confermiamo che tale ricostruzione non è supportata da alcun documento storico-giuridico.

Inoltre il dott. Diego Beltrutti, detto di San Biagio avrebbe difeso pubblicamente il Vescovo della Diocesi di Ventimiglia e Sanremo sul sito internet dell’ordine cavalleresco che gestisce, seppure tale ordine sostiene l’idea eretica secondo la quale i monaci benedettini e cistercensi di Seborga proteggevano i catari.

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